Definizione


"Dal verbo suchen (cercare) i Tedeschi fanno il participio presente, suchend, e lo usano sostantivato, der Suchende (colui che cerca), per designare quegli uomini che non s'accontentano della superficie delle cose, ma d'ogni aspetto della vita vogliono ragionando andare in fondo, e rendersi conto di se stessi, del mondo, dei rapporti che tra loro e il mondo intercorrono. Quel cercare che è già di per sè un trovare, come disse uno dei più illustri fra questi 'cercatori', e prescisamente sant'Agostino; quel cercare che è in sostanza vivere nello spirito."

Massimo Mila

(dalla nota introduttiva in Siddartha di Hermann Hesse)

domenica 22 marzo 2015

POPSOPHIA - Diego Fusaro e Simone Regazzoni: Filosofia, pop, critica e società di massa - Riflessioni e commenti


Nella cornice di Pesaro, per la precisione a Rocca Costanza, dal 2 al 7 luglio del 2014 (sì questo commento è stato scritto un pò in ritardo) si è svolta la quarta edizione del Festival del Contemporaneo che prende il nome di POPSOPHIA, ovvero una serie di conferenze e dibattiti fra intellettuali e filosofi, su svariati temi legati all'attualità della cultura nel mondo contemporaneo.

Pur essendoci accorti ben quasi un anno dopo di questo interessantissimo dibattito fra il filosofo marxista e anticapitalista Diego Fusaro e l'allievo di Derrida, Simone Regazzoni, ve lo riproponiamo nella sua interezza con il corredo di una serie di nostri svariati e articolati commenti a riguardo che trovate di seguito.

Buona visione.

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Seguono le osservazioni al dibattito:

Agli estremi opposti, Regazzoni in certi frangenti pare essere più convincente e coerente del Fusaro nella sua apologia del presente, in quanto è bravo a far emergere l'unico punto debole del Fusaro, che purtroppo, senza che vi sia nessuna colpa da parte di Diego in questo, è una contraddizione irrisolvibile, e vale dire "essere critici di un sistema ma al tempo stesso integrati in esso". A mio parere se ci si ferma ad analizzare la superficie della questione posta in atto, Regazzoni ha vita facile a spuntarla facendo emergere questa incoerenza. Fusaro d'altronde appare come un uomo giovane molto affascinante, di bell'aspetto, elegantemente vestito, che parla un lessico forbito e che fa grande uso dei social network, tutti "stereotipi" tipici del presente (tutti tranne il linguaggio forbito).
Tuttavia è radicalmente critico verso la società del capitale. Nei termini del dibattito questo non può
non apparire come una sorta di "ipocrisia" contraddittoria e parafrasando Regazzoni: "non si può godere di un bene e al contempo criticarlo". Prospettiva inaccettabile. Tuttavia Fusaro risponde sempre punto su punto e le sue argomentazioni sono sempre tutt'altro che banali, anzi sono sempre ficcanti ma allo stesso tempo pacate.
Regazzoni impugna l'arma del dialogo socratico visto più come strumento dialogico a volte ben poco pacifico per accusarlo di nuovo di essere incoerente e radical chic. Questa cosa avrebbe anche senso, sempre se ci si limitasse nel rimanere alla superficie. Fusaro è d'altronde l'unico filosofo oggi (o uno dei pochi) a porre le vere questioni del presente, a collocare la filosofia nella guisa di un dialogo aperto ai veri problemi della società attuale, con buona pace di tutta la popsofia.
Tuttavia le argomentazioni di Regazzoni sono interessanti e anche il suo modo diretto e focoso di dialogare sia pur molto diverso e meno pacato di quello di Fusaro (è normale d'altronde arrivare allo scontro quando ci si confronta su tesi diametralmente opposte), ma la sua apologia del presente rimane troppo superficiale e decisamente più debole della lucida analisi del Fusaro.
Non si tratta infatti di scegliere fra un totalitarismo e una democrazia (sarebbe meglio dire oligarchia presente) nè di stabilire se sia meglio l'una o l'altra. Si tratta di criticare il sistema in cui si vive, pur essendone integrati (poichè, io credo, non vi sono altre alternative a questo a meno andare a vivere su un monte isolato da tutto e tutti). La tesi di Fusaro fa infuriare il Regazzoni proprio perchè si permette di sostenere che il sistema oligarchico del capitale ponendo un nemico invisibile, rimane più subdolo e letale del più becero totalitarismo (che ti ammazza senza mezze misure), poichè nasconde il centro del potere delocalizzandolo e rendendolo invisibile. Non c'è insomma più un nemico da combattere. Questa critica del presente non riabilita in alcun modo alcuna forma di totalitarismo nè le pone a confronto stabilendo quale sia la migliore forma di governo. Si tratta semplicemente di un osservazione facente leva su un paragone.

Infine, si finisce un pò a mò di sfottò mentre Fusaro commenta gli odierni cartoni di Walt Disney nella loro morale finale.
E' vero che può apparire ridicolo porre oggetto della critica del presente, dei cartoni animati le cui storie sono scritte con così tanta leggerezza da apparire tutto meno che una personificazione dell'ideologia del mondo moderno, però ancora una volta Fusaro ha la mia stima per non essersi arreso alle risate in platea e agli sfottò sul palco (anche da parte della conduttrice) nell'esprimere sino all'ultimo il suo pensiero. Ad un analisi superficiale Paperino, Topolino e Paperon De Paperoni sono semplici storielle di svago, così come Willy il Coyote e Beep Beep. Ma qui non si tratta di scoperchiare un ideologia massonica coperta, celata dietro queste storie, bensì rompere il vaso di Pandora del pensiero comune insito dietro queste storie, accettato acriticamente dalla nostra società. Il Paperino continuamente bastonato che non si ribella al sistema è grave se preso seriamente, quanto il capitalista "buono" incarnato da Paperone.
Gli esempi sono molteplici e si potrebbero allargare anche ad altri fumetti che io stesso amo (sono infatti un accanito lettore dei supereroi Marvel). Il punto non è quindi prendere seriamente qualcosa nato per essere leggero, ma porre in evidenzia il sentimento comune, innocente, che essi stessi veicolano, poichè indice di una matrice comune di pensiero che non appena viene messa in discussione scade nel ridicolo. E' questa l'arma più subdola del sistema presente, l'impossibilità di criticarlo, poichè infiltrato talmente in qualsiasi psicologia, al punto da essere pensiero comune che quando viene spontaneamente esposto o riflesso nella scrittura di un innocente cartone animato, è ormai troppo tardi per fermarlo e criticarlo, poichè è come un virus già in circolo nel sangue.

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